La prova - 2a parte
“Le hai sparato! Le hai sparato, pazzo di un idiota criminale!”.
Sentivo la voce incredula di Lando Calrissian, ma non potevo vederlo perché il ragazzo Skywalker si era chinato su di me, visibilmente scosso.
“Milady, riesci a sentirmi?”
Quel misto di distacco e confidenza mi avrebbe fatto ridere, se fossi stata in grado di farlo.
Assurdamente mi misi a pensare agli ufficiali imperiali che mi avevano sempre chiamata ‘Milady’ come titolo onorifico, non come nome.
A dire il vero sono sicura che nessuno di loro abbia mai saputo quale fosse, in realtà, il mio nome.
Mi bruciava un fianco, avevo dimenticato quanto potesse fare male un colpo di blaster a bruciapelo anche quando non procura una ferita seria o pericolosa.
“Sto bene, Luke. Non preoccuparti.”
Avrei voluto far seguire le parole da azioni altrettanto sicure, ma dovetti accettare il suo aiuto per mettermi seduta, anche perché mi ero resa conto solo in quel momento di essere completamente stesa sul pavimento del Falcon.
Han Solo era ancora fermo nella posizione nella quale ricordavo di averlo visto subito prima della fitta lancinante e del buio, se non fosse per il braccio, che ancora impugnava la pistola blaster, abbandonato lungo il fianco e non puntato nella mia direzione.
Sembrava sconvolto.
“Io non… non volevo… non pensavo…”
In quel momento capii di aver vinto, se non la guerra, almeno la prima battaglia.
Solo mi aveva osteggiato dal primo momento, non si era mai fidato ed era sempre rimasto in guardia nei miei confronti.
Non potevo dargli torto: io ero là quando Vader l’aveva portato via per usarlo come cavia, per ibernarlo nella grafite in attesa di riservare lo stesso trattamento al figlio di Skywalker.
Non avevo potuto aiutarlo come non avevo potuto mettere in guardia Luke dalla trappola che lo attendeva. Per farlo avrei dovuto rinunciare all’identità che mi ero creata con tanta cura, avrei dovuto rinunciare alla fiducia di Lord Vader e al mio posto nella gerarchia imperiale.
Non che fosse tanto grave un’eventualità simile, per me almeno non lo sarebbe stata, ma avevo pronunciato un giuramento e non mi sarei tirata indietro. Il figlio di Skywalker stava per andare incontro alla sua prima prova e, se non l’avesse superata, tanto valeva morire tutti con lui. Chiunque altro però, era sacrificabile, l’importante era mantenere intatta la possibilità di aiutare Luke… se fosse sopravvissuto.
“Fammi vedere che ti ha fatto quel folle!”
Calrissian armeggiava con il mantello e la stoffa della mia tunica in prossimità della ferita.
“Ho una certa esperienza in fatto di scontri a fuoco e conseguenti ferite.”
La mia espressione doveva essere più perplessa di quel che avrei voluto lasciar trasparire, ma dovetti riconoscere la competenza di Lando in casi del genere.
Poco tempo dopo ero distesa su uno dei ripiani cuccetta che facevano parte dei “confort” della nave. Il droide, C-3PO, sembrava volesse contendere a Luke il privilegio di farmi da balia, mentre Solo non si era più fatto vedere.
“Come ti senti?” mi chiese il ragazzo.
“Come una a cui hanno sparato!” mi sorpresi a sorridere ”Direi bene, tutto sommato.”
“Perché non hai deviato il raggio? Tu… avresti potuto farlo, vero?”
Nella sua voce c’era qualcosa, come un desiderio, una speranza. Sembrava bramasse la conoscenza di qualcosa della cui esistenza non era ancora completamente sicuro.
“Avrei potuto farlo” confermai “Ma avevo detto che non l’avrei fatto.”
In realtà non pensavo che Han avrebbe sparato sul serio e, a quanto avevo capito successivamente, probabilmente non lo pensava neppure lui.
Come se il pensare a lui l’avesse chiamato, lo vidi comparire all’ingresso.
Luke, evidentemente, pensò che avremmo chiarito meglio la situazione a quattr’occhi perché si congedò da me con un cenno del capo e si allontanò silenziosamente.
“Non hai fatto niente per fermare il colpo”
Più che una domanda sembrava una presa di coscienza, anche se piuttosto ripetitiva.
“E io ti ho sparato…”
Sì, era decisamente una presa di coscienza.
Lo stavo osservando, mentre si avvicinava, e potevo scorgere il conflitto di emozioni dipinto sul suo volto.
Mi sollevai lentamente appoggiando la schiena alla parete dietro di me e lui prese a camminare avanti e indietro, a pochi passi di distanza, come se fosse un animale in gabbia.
Poi, all’improvviso, si fermò e cercò i miei occhi con sguardo indagatore.
“Cosa vuoi davvero dal ragazzo?”
“Proteggerlo.”
Era terribilmente semplificata ma, in fondo, era la verità.
“Eri là e non l’hai protetto da Vader! Se non da lui, allora da chi? E perché, poi?”
Mi limitai a ricambiare il suo sguardo.
“Si può sapere perché diavolo ti sei fatta sparare, almeno?!”
“Direi che tra farsi sparare e non fare nulla per impedirlo c’è una bella differenza, non ti pare?”
Ricominciò a camminare nervosamente per poi girarsi e andarsene senza una parola.