L'incontro
Tatooine non era un bel pianeta.
Il caldo era reso insopportabile dalla sabbia che instancabilmente si sollevava e finiva negli occhi, nei vestiti, nei capelli.
In compenso atterrare non era stato poi così difficile, era un pianeta allo sbando, dove c’erano traffici di tutti i generi, nessuno aveva fatto caso ad un vecchio cargo – a suo tempo preda dell’Impero – atterrato senza che ci fossero i benchè minimi controlli.
Meglio, nessuna noia.
Milady si aggirava per le vie cercando quella che i nativi chiamavano “La Cantina”, un locale, a detta di tutti, molto frequentato da contrabbandieri e loschi individui.
Il locale adatto per trovare Han Solo, dal poco che Milady aveva visto di lui e dalle informazioni che aveva raccolto.
E se c’era Solo ci sarebbe stato anche Skywalker.
Sperò che lo svolazzante mantello nero non desse troppo nell’occhio e fu quasi sul punto di toglierlo, poi si guardò intorno e notò un turbinio di bizzarre vesti di ogni tipo, quindi smise di preoccuparsi e si diede della sciocca.
Ai lati della strada c’erano numerose bancarelle e un andirivieni di gente indaffarata a controllare la merce sotto il leggero strato di sabbia che andava costantemente a depositarvisi.
‘Eccola là!’ pensò Milady.
Era una costruzione come tutte le altre, arrotondata, senza spigoli vivi, grezza e del classico color… sabbia, come tutto il resto del pianeta, probabilmente.
Ma la maggior parte di quelli che non avevano certo l’aspetto di chi è uscito per far spese al mercato, si dirigeva in quella direzione.
Tizi dallo sguardo circospetto, di chi sta sempre sul chi vive, con il fulminatore appena sotto la giacca o con la pistola blaster in vista nella fondina, tutti entravano là dentro.
Sì, quella doveva essere la “Cantina”.
Milady entrò senza difficoltà, dovendo scansare solo un paio di persone.
Il locale era avvolto da una leggera nebbiolina.
Qualcuno stava suonando, ma la musica era coperta dal vociare delle numerose forme di vita presenti, che alternavano discussioni animate a ingorde bevute di liquidi di diversi colori, ma dal contenuto inequivocabilmente alcolico.
Un corelliano, ubriaco e visibilmente alterato, venne sbattuto fuori dal locale in malo modo e Milady si scansò un attimo prima di venire investita dalla mole dell’uomo.
Nell’angolo in cui era finita c’era una relativa calma, a parte un individuo dalla pelle blu che, avvicinandosi con fare lascivo, non ebbe il tempo di fare proposte, si portò le mani al collo indietreggiando e uscì in fretta e furia dal locale senza dire una parola.
Milady chiuse gli occhi per espandere meglio le sensazioni.
Lui era lì, ne era sicura.
Lasciò che quella consapevolezza la guidasse in mezzo alla moltitudine di menti e di pensieri che avevano la consistenza di rumori in sottofondo, si lasciò trasportare da quell’unica mente in sintonia con la propria.
Si fece strada tra gli altrui sentimenti, percependo a volte gioia, a volte rabbia e frustrazione, rancore, noia, eccitazione, fino ad incontrare quella mente controllata, sebbene ancora esposta e vulnerabile.
Lui si accorse dell’intrusione, ma Milady troncò il rapporto mentale prima che lui potesse inavvertitamente scorgere i suoi pensieri.
Aprì gli occhi con la sicurezza di sapere, adesso, dove cercare.
Girò attorno al bancone con passo svelto ma controllato, dirigendosi verso la parte di locale opposta rispetto ai musicisti.
Erano seduti ad un tavolo: Skywalker, Solo, Calrissian e il Wookie.
Solo rideva gesticolando, seguito dall’essere peloso, mentre Calrissian cercava di coinvolgere nella discussione Skywalker che, serio, fissava la figura avvolta dal mantello nero che si stava dirigendo verso di loro.
La guardava negli occhi, perplesso.
Milady sapeva che sarebbe riuscita a farsi capire da lui, ma era altrettanto consapevole di non poter prevedere la reazione degli altri tre.
Il gruppo si zittì.
Solo appoggiò con un tonfo il boccale che teneva in mano e si asciugò la bocca sulla stoffa della manica.
Il Wookie fu il primo a rompere il silenzio con un ruggito, ma Solo non rispose e portò lentamente la mano alla pistola blaster, al fianco.
Skywalker si alzò mantenendo lo sguardo fisso sulla ragazza.
“Eri tu…” disse.
Milady si portò di fronte a lui, spostando il mantello dietro le spalle.
“Luke, non avvicinarti!” esclamò Han Solo scattando in piedi, la pistola in pugno.
Milady non si mosse, sebbene seguisse i movimenti del corelliano con la coda dell’occhio, lo sguardo rimaneva fisso su quello di Luke Skywalker.
Il Wookie ruggì mentre Calrissian prese per un braccio Solo per tenerlo fermo.
“Non sono armata” disse Milady allargando le braccia.
“Non ce n’è bisogno!” rispose Han senza rilassarsi “Anche Vader, a Cloud City, non era armato, eppure ci ha ingabbiati tutti!”
Lando si lasciò sfuggire un sospiro.
“E’ tutto a posto Han” Luke gli fece cenno di rinfoderare l’arma.
“Senti ragazzo, ti ringrazio di avermi salvato dalle grinfie di Jabba, ma non abusare della mia fiducia! Non so tu, ma io l’ho notata nella parte del cagnolino di Vader!”
“Allora tienila puntata, ma intanto sediamoci e smettiamola di dare nell’occhio” Milady volse lo sguardo verso Han “… per favore”
Solo ebbe un attimo di esitazione poi, strattonato da Calrissian, cedette.
L’ultimo a sedersi, ancora visibilmente incerto sulla situazione, fu il Wookie.